In Sicilia nuovi Piani per l’UNESCO
Nonostante il lungo periodo trascorso dall’iscrizione al World Heritage List dei tre siti UNESCO della Sicilia centro orientale, molto cammino risulta ancora da percorrere. In particolare, i siti seriali ovvero composti da beni distribuiti in più città, non presentano una struttura minima in grado di affrontarne la conduzione piuttosto complessa. Piani di gestione superati e comunque molto poco attuati, assenza di coordinamento trasversale, scarso radicamento dei valori UNESCO fra le popolazioni residenti, scollamento fra i Piani di gestione e le pianificazioni territoriali, a partire dai PRG. La revisione in corso dei Piani di Gestione, pur in presenza – ancora una volta – di una partecipazione che appare di facciata, rappresenta una occasione per mettere in chiaro le problematiche e indicare soluzioni possibili e ragionate che siano in grado, fra le altre cose, di superare la deleteria confusione fra cultura e turismo
Un progetto importante. Al momento, è in corso un importante progetto che riguarda tre siti UNESCO siciliani, come si comprende dalla lettura del titolo: “Avvio del piano di gestione con l’attuazione del Programma A – Conoscenza, conservazione e riqualificazione del patrimonio Barocco – e del Programma C – Valorizzazione culturale ed economica”. In questo ambito è stato individuato come obiettivo generale armonizzare e rendere fruibile l’articolato bacino di conoscenze afferenti i Siti del Patrimonio UNESCO del Tardo Barocco del Val di Noto, Siracusa e Pantalica e Villa Romana del Casale di Piazza Armerina”.
Un percorso sofferto. Compie il decennale quest’anno il decreto del 23 dicembre 2010 con il quale il MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) ha finanziato l’aggiornamento dei Piani di Gestione dei siti UNESCO. Per la verità, il progetto non è citato espressamente nell’elenco di quelli approvati pubblicato sul “Libro bianco” dello stesso Ministero, ma lo è fra quelli “non avviati”. Infatti, e per quanto se ne sa, esso è frutto di una faticosa riformulazione di un tentativo precedente (probabilmente risalente al 2007), per la quale riformulazione si deve rigraziare un valente funzionario regionale.
Un Distretto come ente gestore? Il progetto di revisione dei Piani di Gestione è stato finanziato per un milione di euro, a fronte di una richiesta iniziale di un milione centomila euro, sull’esercizio finanziario del 2007 (capitolo 7305). Fra le ragioni che a suo tempo ne determinarono il blocco una era connessa alla composizione dell’ente proponente, l’Associazione Distretto Culturale Sud- Est. Il Distretto, infatti, era costituito da 16 città siciliane, fra le quali alcune non UNESCO, mentre la legge 77 si rivolge unicamente e rigidamente ai centri del Patrimonio mondiale. Probabilmente, quello della presentazione tramite Distretto fu un tentativo volto a superare la mancanza dell’Ente Gestore previsto per i siti seriali. L’Associazione fra i Comuni aveva tentato di operare, seppure impropriamente, come Ente Gestore del sito.
Perché finanziare il Piano di Gestione? Senza il Piano, e senza un Piano che funzioni, non c’è UNESCO. Sussistono più definizioni di Piano, molto calzante quella dell’architetto Giora Solar, esperto dell’ICOMOS, nella quale vengono evidenziati due elementi fondamentali: le sue connotazioni strategiche e le sue caratteristiche di strumento operativo: “Un piano che, basandosi sull’individuazione dei valori culturali, ne garantisce la salvaguardia applicando metodi e strumenti di tipo legale, amministrativo, finanziario e tecnico e prendendo adeguate strategie e specifiche azioni”. In altre parole, l’integrità e l’autenticità dei Siti patrimonio dell’Umanità debbono essere garantiti attraverso un adeguato sistema di gestione che comprenda strategie di conservazione, sviluppo socio – economico, comunicazione, ricerca e sensibilizzazione.
Le riunioni. Riunioni ad invito sono state organizzate da Civita, il soggetto vincitore del bando per l’aggiornamento dei Piani di Gestione. Per il sito Villa del Casale la riunione si è tenuta a Piazza Armerina il 13 febbraio 2020; per le Città Tardo Barocche del Val di Noto il 14 febbraio 2020 a Catania, presso il Palazzo di Città; per il sito Siracusa e le Necropoli rupestri di Pantalica il 20 febbraio presso l’Urban Center di Siracusa. Dopo una presentazione generale degli obiettivi del progetto, gli stakeholder presenti sono stati invitati a intervenire nella discussione e a depositare entro il 7 marzo una nota scritta, inviandola all’indirizzo di posta elettronica ordinaria indicata dagli organizzatori.
Soggetti coinvolti. Nella gestione di un Sito sono coinvolti tutti gli enti proprietari dei beni soggetti al riconoscimento o corresponsabili della loro tutela e conservazione, e fra questi le Arcidiocesi o le Diocesi, le Sovrintendenze, gli Enti Parco (ove presenti), i Liberi Consorzi (ex Province). Strettamente e direttamente coinvolti anche i Comuni che, nei tre Siti UNESCO, ospitano Patrimoni iscritti alla World Heritage List. Gli enti che hanno un qualche potere sui beni oggetto del riconoscimento vengono ricompresi nel cosiddetto Comitato di Pilotaggio.
I Comuni. Caltagirone, Catania, Militello Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli compongono il sito seriale Città Tardo Barocche del Val di Noto. Siracusa, Cassaro, Ferla e Sortino sono coinvolti per il sito Siracusa e le Necropoli di Pantalica. La Villa del Casale (Piazza Armerina) è l’unico dei tre siti costituito da un unico bene e che, pertanto, può muoversi agevolmente, come testimoniato dai molteplici progetti di finanziamento andati in porto con la legge n. 77 del 20 febbraio 2006 “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell’UNESCO”.
La popolazione residente. Più estesamente, alla redazione del Piano di Gestione di un sito UNESCO debbono partecipare tutti i soggetti competenti o portatori di interesse presenti nell’area presa a riferimento dal Piano stesso, un’area che si potrà estendere molto al di là dei confini del Sito propriamente detto; fra questi soggetti, vi è certamente la popolazione residente, meglio se organizzata in organismi associativi.
La partecipazione. Si è detto e si è scritto molto sulla necessità di creare itinerari di reale partecipazione durante la redazione del Piano di Gestione e che è necessario non limitarsi ad una azione meramente informativa da parte dell’ente di revisione. Questo per evitare che il Piano si esaurisca nelle pagine che lo descrivono, anziché trasformarsi in uno strumento propulsore di crescita della comunità che ospita i beni oggetto del riconoscimento. Sottoscritta a Faro (Portogallo) nel 2005, la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società, nella sua “Parte III: Responsabilità condivisa nei confronti dell’eredità culturale e partecipazione del pubblico”, affronta in modo formale e organico il tema della partecipazione.
Limiti e rischi. Le azioni sin qui svolte da Civita, la società affidataria che sta svolgendo la revisione del Piano, appaiono improntate ad un processo fondato sulla esposizione di una porzione, peraltro assai ridotta, dei possibili e ipotetici contenuti del nuovo Piano; mentre, il processo di partecipazione è cosa diversa dall’ascolto, per quanto attento e competente. La mancata o carente partecipazione, in senso lato, è causa di quei limiti e rischi che hanno spesso contraddistinto l’insuccesso dei processi tutela e di valorizzazione del patrimonio UNESCO.
Il Sito UNESCO è infatti troppo spesso percepito come avulso dal suo territorio, scollegato dal contesto, inteso tutt’al più come mero attrattore turistico a “sforzo zero” per le comunità, anziché come elemento capace di mobilitare risorse, progettualità e mezzi o, in una espressione possibile, di fare visione e nel contempo azione. Una incapacità che, a livelli superiori, si appalesa nella mancata integrazione dei Piani nelle pianificazioni (PRG, piani attuativi, piani per la mobilità, il turismo, il commercio, ecc), sia pure con lodevoli eccezioni (Assisi). Ad altri livelli, i valori UNESCO paiono essere tollerati fino a che singoli cittadini o esercenti non giungono a percepirli come “incomprensibili ostacoli” ai loro desideri o obiettivi personali.
Un approccio fondato sul bene comune, basato sulla integrazione e sulla condivisione delle risorse del territorio, potrebbe costituire la strada maestra per fare della valorizzazione del patrimonio culturale un reale motore di sviluppo. Questa via potrebbe indurre gli enti locali competenti ad assumere il Piano di Gestione come riferimento delle azioni sul territorio.
Una perplessità aleggia tuttavia sul processo di integrazione del Piano di Gestione negli altri strumenti che regolano il territorio e le comunità: come possono Giunta e Consiglio “approvare” un Piano nato e allevato altrove? La risposta è nella costruzione di strade metodologiche per le quali la redazione del Piano di gestione debba avvenire con processi di partecipazione reali, realmente inclusivi e correttamente strutturati.
I contributi al Piano. Sono comunque molteplici i soggetti che pur avendo variamente sottolineato durante gli incontri del 7, del 13 e del 14 febbraio tutti i limiti di una partecipazione monca e formale, hanno ugualmente colto la preziosa occasione di fornire un proprio contributo scritto alla riformulazione del Piano di Gestione. Citiamo quelli che sono direttamente coinvolti in questo Blog.
Il Patto per la Partecipazione Beni Comuni Area Vasta ha presentato un contributo dal titolo La Governance e la Valorizzazione dei Beni iscritti alla WHL. Interpretando il punto di vista delle associazioni che lo compongono e che sono distribuite nel territorio del centro – est della Sicilia, il Patto focalizza l’attenzione sulla necessità di dare luogo, nelle città del sito, a figure e strutture permanenti che mancano ancora oggi, dopo 18 anni dal riconoscimento UNESCO. Con grave e palese danno sia alle politiche trasversali, che infatti non esistono nemmeno in nuce, sia al processo di radicamento dei valori UNESCO nelle cittadinanze, che infatti appare fortemente carente.
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Anche la Rete dei Comitati Territoriali, tramite i Comitati di Siracusa e di Scicli presenti nell’area del sud est coinvolta nei rispettivi Siti UNESCO, con il tema La Partecipazione delle Comunità nella prevenzione e nella gestione dei rischi ha incentrato la propria attenzione sulla governance dei siti, sulle alterazioni del paesaggio e della salute, sulla necessità che la voce dei residenti organizzati in associazioni e comitati sia ascoltata all’interno delle strutture decisionali in maniera permanente.
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Il Laboratorio Siciliano per la Mobilità Ciclistica – SiCyLab ha fornito un contributo dal titolo Infrastrutture per una rete intermodale di mobilità dolce centrato sulla connettività dei siti UNESCO della Sicilia centro-orientale, ritenendo che una connessione basata su mobilità lenta e intermodale dei siti e dei geoparchi costituisca essa stessa un attrattore fra gli attrattori e possa concorrere in maniera straordinaria alla valorizzazione di queste aree di incommensurabile pregio culturale e paesaggistico.
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Per quanto non si debbano in alcun modo confondere fra loro cultura e turismo, né la valorizzazione dei beni monumentali con la loro mera mercificazione, non vi è alcun dubbio che il turismo destagionalizzato e di qualità sia un obiettivo che le città d’arte debbono porsi e, prime fra queste, le città ove ricadono beni iscritti alla WHL. Ma è difficile pensare ad una vera destagionalizzazione sino a quando la cultura e i valori connessi al riconoscimento UNESCO non saranno compresi e custoditi.